sul mio aereo postale delle 16,10

12 Maggio 2020 1 Commento

foto

oceano sull’altopiano

(collezione privata)


Il mare devi andartelo a cercare. Non è più un’isola in una terra in mezzo alle acque, l’araba fenice che inseguiamo. Non è la facile ‘america’. Non c’è più qua l’antico sforzo del navigante.

Presto, sono non più di quaranta giorni fa, tutto è cambiato. È cambiato che non vale più l’intuizione. L’intuizione oggi si mostra una tendenza arcaica. L’ingenua applicazione del ragionare causale di chi procede.

Non è più. Qui si sussulta. Cerchiamo il mare al cuore dei continenti. Un mare che si dice ci sia. Il pensiero ora non si volge agli oggetti (anche il ‘dopo’ è un oggetto..) ma li crea.

Un dio si esteriorizza, come il mio pensiero appassionato ricrea lei che ho lasciato all’inizio, mentre dico fa’ che m’ami ancora.. 

Indago sul planisfero alla ricerca di oceani favoleggiati che sarebbero il cuore del mondo. Oceani inesplorati da qualche parte di questa foresta e di questo deserto.

Di questa città inutile. Perché, come si vede con chiarezza di questi giorni, non erano l’isolamento e la claustrofilia il guaio. È la promessa di un nuovo improvvido distanziamento che cambia la nostra immaginazione.

Il vuoto, artificiale perché imposto, evidentemente esercita una pressione sulla funzione mentale. Non era, la fine del blocco, il mare di prima. La conclusione dell’isolamento non ci restituisce il mare alla fine del deserto.

Questo fuori è scoperta di un vivere afono e sabbioso. Non si sta tornando a niente di conosciuto. Qui ognuno è un inviato speciale. Un fotoreporter free-lance scagliato nella terra di nessuno. In un paese di battaglia disertato dalla legge. La natura dei virus non ha leggi accordate e così gli accordi tra gli esseri umani non hanno alcun potere. Non tengono. Sono saltati, si deve dire. 

Il mondo è un mare nel deserto. Un mare di sete. Una distesa d’acque nostalgiche di un programma futuro da avverare. Siamo bambini pieni di latte al cospetto di seni inariditi. Abbiamo lunghi capelli già appena nati. Siamo insomma in largo anticipo e guardiamo la nostra nascita da un mondo che ancora deve farsi.

Ci sono due realtà che non si esauriscono l’una nell’altra. Siamo noi. Siamo noi che restiamo in un mondo creato da noi stessi. Non dio ce l’ha affidato. Nè a dio dunque lo affideremo.

Così, passeggiando, gli altri, ciascuno di loro, non sono disposti come i soldatini in marcia. Non è una fila di oggetti da abbattere con la presa di coscienza di un nome e una posizione. Il mondo non serve più ad essere colmato di enumerazioni.

È una città di occasioni differenti e coesistenti. Che intraprendiamo ad attraversare da soli. Senza consolazione di poter troppo facilmente trarre conclusioni.

Vivere si articola in una serie di passi un po’ incerti più che in progressive annessioni. Ché non si vince più niente. La vittoria è un’illusione.

Unica domanda dalla gola del mio amore:

“Che mi lasci di te… che dirò… chi sei stato… chi eri da sempre nel tempo sciagurato che non ti ebbi accanto?”

C’è, nella bellezza di lei, l’intelligenza di ogni futuro possibile…


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il tuo progetto ....
il ponte oltre la finestra

1 commento

  • Giorgia says:

    Se oggi nasce da ieri
    se oggi e’ già domani
    oggi e’ come ieri
    e’ come domani
    una volta sola
    e’ una volta soltanto.

    L’osservatorio la mia finestra
    svestita di certi miraggi
    parole nuove
    poca poesia per intuire.

    Il tempo con te
    che e’ quello più fidato
    guarda curioso
    la sabbia umida della tua clessidra
    dove, si sa , c’è un cuore fecondo
    e di modeste aspettative.

    Se oggi nasce da ieri,
    se oggi e’ già domani
    oggi e’ come ieri
    e’ come domani
    senza attesa
    s’attenda ancora.

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