a proposito dell’integrità delle umane intenzioni
dì un giorno a caso: io ero là, a protestare che non esiste il destino e che vivendo non si vince niente, se non alla fine
perché è alla fine che si scopre che si era sempre soltanto trattato di essere presenti, ed è ugualmente alla fine, quando è troppo tardi, che sapremo se c’eravamo riusciti o abbiamo fallito
e così tu dì un giorno e puoi giurarci che io ero là e che non era una azione dimostrativa e non era per manifestare contro nessuno, non era per fargliela vedere ai fantasmi senza nome né volto che ci attraversano i pensieri
così se vuoi puoi nominare una data a caso e vedrai che io ero là, perché m’ero accordato da principio con qualcuno e una volta che avevamo stabilito l’incontro io ero andato là e quello magari era arrivato proprio come stabilito e tutto era iniziato
ogni volta che arrivava quello, e poi nel tempo gli altri che s’erano aggiunti, a me pareva una fortuna e gli incontri, per quello che mi riguardava, iniziavano avvolti da un alone magico
io ogni volta partivo molto prima dell’ora stabilita camminando svagato poi entravo nella stanza a riposarmi un po’ (..che di tempo ne avevo ancora grazie al suddetto anticipo precauzionale!)
andò per un poco così ma poi ogni giorno arrivarono magicamente persone differenti con le quali presi accordi per vederci in ore sparse rimaste libere in numero sempre minore
sono certo che a quelle persone non importasse altro, in ultima analisi, che verificare che io fossi agli appuntamenti come stabilito e fino a quando mi sarebbe stato possibile e quando alla fine avrei derogato per follia o stanchezza
intuivano altrimenti che la proposta cui avevano aderito conteneva la possibilità di una onestà reciproca che sarebbe stata, nel panorama vigente, come realizzare l’impossibile
“…mi dica un’ora e io sarò là ad aspettarLa!” avevo detto a ciascuno
oggi ho la certezza di essere riuscito
perché la possibilità della presenza si andava rafforzando e diventava plausibile da impossibile che era stata tenuta e così la coerenza diventava argomento di terapia
e poi era evidente che la puntualità riusciva a curare il caos che il patimento di troppe attese aveva provocato nell’inconscio di chi le aveva patite
posso dire che la puntualità si opponeva all’incoereza e contemporaneamente impediva le complicità
fu chiarito che esserci vuol dire essere puntuali
dunque! tu dì un giorno e vedrai che io ero là
è scandaloso che su un così scarno armamentario semantico io abbia preteso di fondare l’impianto complessivo di un’azione medica che vuol guarire il disordine mentale?
è che avevo verificato come il subdolo sospirare dell’inconscio perverso, di cui la mitologia psicanalitica ha pienato le stanze del setting, si era da tempo consumato in insuccessi a distanza
e avevo anche ottenuto che i bollori dello svelamento (per abreazione) dell’inconscio suddetto sì potevano più efficacemente stemperare contro la stoffa consistente di un ascolto non critico
il mio lavoro è comunque diventato il mio impegno per disciplinare il controtransfert
per la consapevolezza che l’identità è una bisognava che tentassi di realizzare una forma di vita in cui le ore di amore e di lavoro si susseguissero senza dissociazione
per questo oggi mi sono soffermato a scrivere sul tacquino il pensiero che
il massimo della sanità, alla luce delle attualmente poche e ancora confuse ricerche, è una coscienza che agisce persuasa a proposito dell’integrità delle umane intenzioni…