gli scampati gioiosi
La folla di cittadini infreddoliti nella città del cuore è l’istantanea della mia situazione emotiva.
La vita intorpidita della capitale invasa da armate di fanatici fantocci di neve è l’affresco del mio stentato patire la voglia di vita.
C’è sempre stata in me la rivolta di cupo rumore di un popolo raggelato nel pallore dell’assenza che promette sciagure.
Per anni ho dipinto il destino di nazioni imbiancate della neve del disamore.
Le velature di bianco sulla tela arrestavano il disordine timbrico con ampi estenuanti gesti di ricomposizione dello spazio pittorico.
Le persone intorno si ammantavano, in genere, di quanto mi faceva morire: l’estinzione di ogni attesa nel candore di un armistizio impossibile col tempo.
Te prospetti tutt’altro. Il tuo desiderio contrae ed esalta la vita rimasta. Io so solamente pitturare campiture trasparenti che comunque lavano il veleno della vita vissuta in mancanza di te.
Ti scrivo perché non so disegnare il fiato che scioglie i sigilli smaltato dall’odio.
Ho in mente gli accampamenti gioiosi degli scampati.