reperti

25 Settembre 2018 Lascia il tuo commento

Alla fine ti ho lasciata là dove mi avevi lasciato. Bruciano le navi. La cenere di legno sale in polvere bruna. Il peso che porto cade attorno in forma di deserto di polvere d’oro opaco. Metto in atto l’immobilità. 

Com’è ordinario il comportamento che segue una separazione! Pure mi chiedo: che azione svolge il pensiero in questa condizione? Nulla si muove sotto la cappa del dolore. Non c’è alcuna azione muscolare.

La resistenza è fermezza e mutismo. 

Ma mi appare come gesto fondante: un blocco di cemento ben squadrato si leva da elementi architettonici estranei.

Siamo noi che levitiamo irrealisticamente sopra l’omogeneità conformista della vita quotidiana.

Senza suoni e movimento diventiamo leggeri e trasparenti.

Il 13 novembre del 1926 Wittgenstein presenta il progetto della casa di famiglia a Vienna al numero 19 della Kundmanngasse. Si vedano le foto. Si capirà. 

Il dolore di una separazione ha tutto di ordinario e insieme una assurda originalità.

Siamo noi all’osso. Reliquie di martiri. Ma anche reperti di umanità originaria.

Il dolore ha l’età della specie. La luminescenza di uno scheletro nella torba.

Il pensiero fossile rimasto intatto dalla nascita dell’uomo e di ciascuno.

 

 


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