la macchina del sonno fa dubitare della norma
gif animata
”no, no, no”
(collezione privata)
Il pensiero si esercita senza posa sulle cose e le cambia. I sogni chiariscono bene le proprietà mutagene della macchina del sonno che agisce in un soffio e dopo niente resta uguale e la mattina è tutto uno svanire.
La coscienza si esercita su quella polvere, al più al più disobbediente. La disobbedienza non sai quanto deve durare per diventare rivoluzione: cioè quando è che ti ha cambiato al punto che non puoi più essere ricondotto a prima.
I poeti, scontenti, illustrano il panorama intermedio di quella insistenza perdurante a dire:
“..no no noooo!”
prima che diventi stucchevole. Scontenti, scandiscono, col volto inclinato in segno di disaccordo con tutto, un tempo rimasto bloccato nell’unica azione possibile: l’elusione.
Perché sembra che meglio non si possa fare che agitarsi con amanti al fianco.
Nascono righe di scritto, in versi, a proposito di deserto e di esilio.
Slacciato il braccio dal gigolò di turno cercavamo (c’ero anch’io…) i nostri simili: come se quella indagine, su un altro eventualmente affine, si potesse risolvere nel far risuonare più d’una volta, a piacimento, la conclusione di singole parole sovrapposte: una rima per volta.
Per fortuna che il pensiero non pensato, traversando mille contraddizioni ritenute insanabili, cambiava tutto sotto i nostri occhi che niente vedevano.
Per la complicazione che ogni volta porti, anche dopo che la notte si ritira, l’azione della macchina non si arresta e genera sogni di noi in stato di veglia. Alla luce dei quali vedo bene che il mondo è uguale a prima.
“… ma con lei”- dice il sogno- “è più abitabile…”
Poi non fu la poesia, fosti tu, a indurmi a dubitare della norma.