irrazionale numero 6
Quanto devo rileggere un testo che amo non l’ho mai capito. Sempre, credo.
Cioè non devo leggere più altro e insistere su quell’unico capolavoro perché una cosa ben scritta non consiste nella grafia della scrittura che al contrario rimanda continuamente a capo perché non c’è niente di definitivo nella letteratura tanto meno nelle singole frasi.
Mi capita anche con te che non mi stanco di starti accanto a non far niente. Sto solo a chiedermi, ricordando la prima volta, perché mai dovresti bastarmi se tu sei stata l’inizio.
C’è tanta di quella fertilità nel campo dove ti ho trovata che si può e si deve solo star buono da parte mia: ridurre le frasi a un gesto.
Tutto sta (intendo dire ‘intera mi rendi la vita solo con il’…) nel passarti la mano sul viso o scostare i capelli dagli occhi poi mandare un’occhiata dalla parte dove io mi trovo ‘quasi’ sempre.
‘Quasi’ implica: cieco quando vince l’assenza e odioso quando prevale la distrazione.
2 commenti
Scrivo dal vivo di cose più antiche.
Sará che io e te ci ripetiamo quasi sempre.
Non potrei mai ricordarmi più facilmente di una parola a discapito di tutte le volte in cui sapevamo di poterci ripetere senza paura, da soli, senza scuse. In fondo quasi mai a caccia.
Ecco che i gesti hanno messo gradualmente insieme più cose di noi. E ricordo il cioccolato sempre in tavola. Il pane al sesamo tostato. La visione del nostro albero di arancio. La nostra poesia quasi sempre a suo agio. Poche parole. Parole che sono immagini. La nostra poesia tranquilla.
Ecco che una giornata abbracciati è diventata la stanza in cui ci sono quasi tutte quelle giuste cose di noi e ti garantisco che resto impreparata mentre questo che scrivo centinaia di volte varia al caldo e al freddo e ricorda il ritmo di un autentico presente.
Ecco che poi siamo cambiati io e te. Capolavori lenti raccolti riposanti. Solo fiati.
Ogni libro che amo è un’opera aperta