io pregherò il cielo
Puoi amare il calo della vista che mi prende lentamente. Il bianco dei capelli. La lentezza della mia ulteriore competenza. In fin dei conti puoi amare me come sono oggi.
Guarda il tempo che passa su di me. Oggi sono la tela del quadro. L’ordito. L’auditore della facoltà di filologia.
Su di te il tempo non si vede. Non ancora. Puoi amarmi perché è il tempo che io conservo e che ti mostro. Tu ami il fenomeno fisico che mi consuma quotidianamente. Ami il mio incosciente avanzare. Che non ho paura, ti piace (tu: che avevi sempre paura e da un po’ stai prendendo coraggio).
Tu non riesci a non rubare dalle mie labbra la cenere delle parole appena dette. Non vuoi smettere di ricostituire, col grigio luminescente del mio volontario silenzio, anni di fame e rumori.
Dietro le mie labbra ti aspetta confidente il buio sanguigno del palato. Le mie mani che agito parlando sono uccelli di alto cielo dei quali decifrasti immediatamente le rotte celestiali. Meglio di me riconoscesti il nostro futuro perché, come si sa, il volo degli uccelli è àugure di destini.
Oggi, passati i giorni, ami i miei occhi che si avvicinano a tutti i tuoi traguardi Desideri il modo come tengo, per amor tuo, il filo dell’arrivo tra le dita. E verrai ancora da me. E io pregherò il cielo che tu possa strappare la lana dell’arrivo con le tue mani forti. Vincitrice. Odorosa del tuo sudore.