infanzia
nella foto
”vista dalla culla”
(collezione privata)
Un essere non ordinario non ha consapevolezza. Esistere in un’extra-dimensione non è documentabile dall’interno.
Allora, da fuori, si fanno documentari sull’arte. O magari sul genio, diciamo. Ma non si dovrebbero fare questi cosiddetti documentari sull’arte. Servono solo a attenuare lo stupore dell’indicibile. Tranquillizzano: come fosse riducibile la crisi che la bellezza determina.
Invece si deve sapere che la frattura tra noi e la genialità dell’altro è insanabile ed è l’ultima occasione che ha l’umanità per poter continuare a parlare di differenze, senza paura. Senza ricorrere a assistenziali soccorsi sul fatto (che è solo una panacea ideologica) che siamo comunque tutti uguali.
Siamo uguali nei diritti ma differenti nelle possibilità. L’extra-ordinarietà del genio è di fatto una dittatura. Bisognerebbe zittirsi. Evitare analisi sociologiche e politiche.
Andiamo a guardare la bellezza e la genialità. Commuoviamoci o lasciamoci prendere dall’odio inevitabile. Poi allontaniamoci in silenzio.
La contrizione, di fronte all’irreparabile e all’insanabile di un opera d’arte o di una scoperta, è dell’adulto che torna all’infanzia(*). Quando non c’era ancora il linguaggio e nessun aspetto del pensiero sul mondo poteva essere ridotto allo ‘spirito’ del discorso.
(*) Il termine infante deriva dal latino infans, che significa ‘muto’, ‘che non può parlare’. Il termine infans deriva dal verbo fari, presente nel latino arcaico e prima ancora nel greco antico φημί (fēmì), con il medesimo significato di parlare (contenuto nella radice fa-/fe-), soprattutto in senso solenne. Congiunto al prefisso in, che in latino ha valore di negazione, il termine descrive appunto quella situazione in cui si è impossibilitati a parlare. In passato, infatti, questo termine si riferiva esclusivamente al periodo intercorrente tra la nascita e la comparsa del linguaggio. Solo successivamente, per estensione, questo termine ha assunto anche il significato di periodo della vita di un individuo fino all’insorgenza dei primi segni della pubertà.