il pensiero del tuo nome
e io temevo il tempo che cominciò immediatamente a strappare la tela dei nostri giornalieri giacigli
il tempo, temevo, perché dietro le anse di ogni rivoluzione quotidiana celava a me e rivelava a te quello che tu speravi
io disperavo di quello che ti auspicavi: che fosse bellezza o olio colorato o trementina versata sui cenci o tutti i tuoi strumenti da composizione e taglio
ti regalai subito diverse mie scritture
frasi scivolate dalle mie mani alle tue per presentarmi non disarmato al fantasma della tua implacabile curiosità
poi, poiché facevi a pezzi qualsiasi cosa che non fosse sapientemente spudorata, acquistai, per regalarteli, certi testi di cui ero gelosissimo che esprimevano un’arte improrogabile
come sapevo li accogliesti traguardando me di taglio mentre sfogliavi fiera ogni pagina
come a dirmi ‘bravo!’ ma niente di più perché ‘d’altra parte capirai alla bellezza e al futuro non c’è limite’ pareva tu suggerissi
sono passati anni e lentamente hai distolto i tuoi occhi da quei regali e li hai portati, i tuoi occhi, su di me, che ho le mani nude, che ho smesso di regalarti qualsiasi cosa
ora faccio la guardia alle nostre comuni attese dei pochi momenti che passiamo insieme su sfondi di tele chiare sopra le quali il silenzio è ombra del passato e i nostri corpi attempati proprio il tempo come s’è ricomposto intorno
i miei pensieri riprendono il filo di sutura dei primi strappi definitivamente ricuciti ma ancora evidenti
ho le labbra serrate a impedire la tentazione di raccontare ogni pretesa ultima rivelazione
tutto quanto potrei ancora affermare svanisce sempre al pensiero rassicurante del tuo nome mai pronunciato