Fonderie

14 Febbraio 2015 Lascia il tuo commento

La cifra per antonomasia è zero, dicevamo. Un cerchietto vuoto. Vuoto? Non si sa cos’è il vuoto nel cerchietto. Se si rompe la linea del cerchio succede… niente succede. Ma è affascinante pensare ad un collasso. Con tutto quel vuoto fuori il niente intorno allo zero vorrà entrare. Pluf. E addio. Questa cifra ha fatto paura a un sacco di gente preparata, e sul cuore dei restanti ha esercitato un fascino incomprensibile. Il fascino che ‘zero’ corrisponderebbe all’esistenza di una inesistenza. Metafisici ermeneutici. Ricercatori d’aria non aviatori. Ricordo le parole del sistema operativo alla fine del film “HER”. – MI SONO RITIRATA NEL SILENZIO CHE CIRCONDA OGNI PAROLA – L’area di silenzio attorno alle singole parole: il cerchio più o meno ellittico è circondato da tutto lo spazio del mondo e circonda lo spazio di un proprio mondo singolare e speciale: ma trascurabile rispetto a tutto quell’altro vuoto attorno anonimo e insignificante ma di desolante potenza. Proprio quel rapporto sproporzionato tra volumi di vuoto implica che zero non sia il nulla cui parrebbe alludere ad una frettolosa prima impressione. Invece per questo paradosso è la cifra per antonomasia: ‘segno’ armonioso che ‘circoscrive’ un niente e dunque steccato che tuttavia non saprebbe indicare alla mente nessun oggetto che gli corrisponda. Una creazione mentale tanto generica è immagine stessa della funzione immaginativa. Le idee nascono dalla comparazione tra aree vuote di energia e potenza diseguali. Cosicché ogni ‘vuoto’ non è nulla e semmai potremmo dire che è l’ombra della potenza di oscure energie. Nello stesso modo, cercando una analogia, i materiali ideativi corrispondono a differenti attrazioni (nostalgie) di senso, a aree di rarefazione proprie delle intuizioni alle soglie della coscienza. Quei confini tra aree di diversa densità tra distese di vuoti di differente energia solidificano secondo processi di fonderia. La curva ordinata di zero è figura della chiarezza che distingue e separa le une dalle altre le cose nate nella mente quando distogliamo lo sguardo dal mondo fisico che ci circonda. Zero frigge rosso nel cerchio di sabbia alla base dell’altoforno prima di solidificare nel numero che è. Ogni linea è materiale di fusione. L’eleganza del processo di astrazione si vede bene nella cifra zero. Perché in essa il ferro nero che la disegna si avvolge con forza bene misurata attorno alla rinuncia ad ogni significato innamorata che si possa non voler dire nulla. È la distanza il ritiro la separazione e il rifiuto. La breve felicità non fondata e irragionevole di un momento. Poi zero si rompe resta il filo arcuato e si scrivono cose e si va incontro all’altro. Ma come dire di prima. Del momento di una certezza di se senza motivo. Come se zero fosse l’ovale di un abbraccio che ci accoglieva senza pretese. I suoi occhi. O chissà che altro che in noi si genera come traccia non cosciente al cospetto di una cifra inventata mille anni fa.


Tag: ,

Categoria:

il problema della distanza
La rapidità fulminea dell’intuizione durante il duello aereo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.