lana fina

31 Luglio 2022 Lascia il tuo commento

E dunque niente più da fare.

 

Gli anni passati ad aspettare. Le ore che ero al tavolo e scrivevo arrestandomi ogni poco a guardare e ascoltare ragazzini e maestre nel cortile e, più raramente, donne evase dal carcere matrimoniale in chiacchiere filosofie lamenti e furbizie, l’indimenticabile schioccare dei baci dei loro figli e figlie dopo che loro erano rientrate, i marciapiedi, il pensiero della tua eventuale disponibilità che moveva il respiro, tutto quel figurarsi il tuo arrivo tra le otto e le undici e poi i tuoi vestiti in aria. Tutto: schiocchi, filosofie, chiasso, il rigore didattico anonimo di insegnanti dietro i muri bassi della scuola, il calore sordo dei volti apprensivi sotto i pini del parco ad alzare appena gli occhi, le carte che volano dal tavolo, e ogni prevenzione sono stati l’amore tra noi e quell’amore è tutt’uno con l’impalcatura di una attesa.

 

Nell’attesa le parole non contano. Contavi tu.

 

Ora ci sei.

 

Eri arrivata, alla fine. Allora ho riavvolto la tela che lo sguardo di anni ha affrescato: scuola, strada, giardino, palazzo della posta, farmacia, bar, triangolo di cielo tra i tetti, nuvole sempre distese. Con la tela stretta addosso mi sono strappato dal tavolino con feroce determinazione.

 

Ora tutto il tempo fino a lì potevo ‘vederlo’ come si osserva la propria vita e il proprio paese di origine. O come un dipinto che si tende sulla fodera di seta scura di un soprabito di lana fina. Con il tempo sotto braccio cammino ora che ci sei. Verrà il momento che mi sarà indispensabile.

 

Tu sai quando. Ne abbiamo parlato spesso.


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legame leggero
una felicità guarita

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