funzione visiva e immaginazione
Si dicono sempre le stesse cose. Si sono sentite troppe volte e non contano più. Non contano più le invocazioni che sono andate a vuoto. Parole e cose insieme svanite in aria o nei buchi della terra del bosco. I ragazzini caparbi continuano a lavorare anche la notte. Non per un padrone. Nessuno li costringe. Continuano perché le parole hanno un eco in loro e non si può dire che non siano niente. Sono rimaste solo le parole che nascono dall’immaginazione non dalla percezione. Per molto tempo i ragazzini camminano ripetendo in cuor loro le cose che gli abbiamo detto quando non potevano capirle. Il primo anno le parole che ci rivolgono corrispondono esclusivamente alle cose che noi possiamo immaginare e non alle figure che gli adulti hanno in testa. Le ricreiamo in testa secondo le nostre possibilità biologiche, nei limiti della fisiologica immaturità neonatale. La mente è l’universo che si estende fino a dove può spingersi l’immaginazione. Sono pensieri che una volta diventati adulti riteniamo insensati. Ma il mondo infantile avendo il neonato nessuna o troppo poca esperienza di figure, non somiglia a niente che lo circonda. Possiamo sospettare che il progressivo sviluppo della funzione visiva debba farsi strada nella giungla dell’immaginazione. Che ricresce alle spalle di ogni sguardo. Negli occhi muore la fantasia. Guardare non fornisce una visione. Le parole al proposito sono tutt’ora senza una propria casa.