amor non lacrimoso
Mi sono avvicinato a te con circospezione. Per quel che mi sembra di ricordare quella circospezione fu un movimento di fauno quasi ancora quadrupede. Non c’era sospetto. C’era, sotto le spoglie di una animalesca gestualità di predatore, un sarcasmo smisurato. Un’autocritica inevitabile. Sicché, infine, tanto infantile fu quella mia circospezione, tanto quelle movenze di vecchio non sarebbero state minimamente legali in un mondo più acconcio, se non fosse stato che cozzarono contro una tanto prevedibile supponenza di giovani impreparati, che tu, piangendo di risate e di sconfortato fatalismo, mi hai lasciato avvicinare.
Io: “Ciao a te, eccomi arrivato senza disperazione. Come in genere sarei: incorreggibile. Crudamente infantile. Se mi lasciassero fare. Io ti amo come si dovrebbe sempre amare”.
Tu: “Anche da me un saluto. Puoi abbracciarmi rapido se vuoi. Che io possa verificare quanto dici. Se fallisci dovrai raddoppiare l’attesa”.
Io: “Non perderò niente di te, solo chiedi il mio tempo, e ti avrò comunque?”.
Tu: “L’hai detto fauno sarcastico. Ragazzino dei miei stivali. Tempo non ne hai più. Se me lo regali mi avrai. Fossi io l’ultimo tuo amore. Tuo, però, per l’appunto!”.
Poi, poi, poi! Eccomi. A dettare alla mano svagata le cronache d’un amor non lacrimoso.